lunedì 28 luglio 2014

Come sono diventata un angelo

Stavolta sono proprio morta.
Più che dal fatto che sto qui a fissarmi fuori dal mio corpo, l'ho capito perché sono in piedi. Almeno credo di essere in piedi, ma non oso guardare dalla vita in giù, scoprendo magari chissà... che non avendo mai sviluppato un'immagine corporea dalla patata in giù, potrei pure essere uno spirito mezzobusto.
Starei ancora lì a fissarmi un po', ma mi urta l'idea che domani mattina mi troveranno col magliettone di Mickey Mouse, la bocca spalancata e quel rivolo di bavetta che prima dell'alba si sarà essiccato sulla federa. Immagino mio marito sniffare il cuscino a giorni di distanza dalla mia dipartita e sospirare: "Ha ancora il suo odore... bleah!"
Guardalo lì! È tutto scoperto, con le palle al vento. Vorrei accarezzarlo, ma ho visto abbastanza film per sapere che avvertirebbe solo uno sgradevole brivido freddo, così mi limito a coprirlo. Lui con me lo ha fatto ogni notte per dieci anni e questa è la prima e ultima volta che posso farlo io. Alessandro si lamenta e biascica nel sonno: "Naaaah... caldo!" E scalcia le coperte coi piedi.
Per una volta che cerco di essere romantica...
Improvvisamente sento una forza che mi attira verso l'alto. Nemmeno per un momento penso di finire in Paradiso: mi limito a credere che Quello là voglia dirmene quattro prima di spedirmi al piano di sotto. Beh, anche io è una vita che aspetto di dirgliene, e mica solo quattro!
Il viaggio è lungo, ma ne approfitto per ripassarmi un bel discorso mentale.
Sono così assorta che mi perdo l'occasione di una visita della Stazione Spaziale Internazionale. Cacchio! È tipico di me, sia da viva che evidentemente da morta: inseguo un sogno per anni e sul più bello mi faccio distrarre da un obbiettivo secondario.
Il paesaggio è già cambiato: i siderali sfondi di Star Trek si sono sostituiti a luminosi sipari di nuvole che si dipanano davanti a me. Di Pietro in giro nemmeno l'ombra. Deve avermi sentito dire che mi sarei portata dietro un po' di cazzo di sanpietrini da tirargli dietro, per fargli pagare tutti quei mal di schiena da pavimentazione cittadina.
Sulla coreografia nulla da dire, ma nemmeno un angelo in giro. Non mi aspettavo certo squilli di trombe e cori ultraterreni, ma un po' ci rimango male lo stesso.
Sento un moto interiore: o mi sto avvicinando al cospetto di Dio o sono le due birre e la grappa al luppolo che mi hanno stroncato ieri sera.
Davanti a me si stendono due file di torce segnaletiche in fiamme. Sì, proprio quelle che indicano un incidente e, alla fine della strada, un triangolo rosso. Sarà mica quello Dio? Come direbbe Renato Zero: "Il Triangolo no, non l'avevo considerato."
E infatti no. Poco più avanti vedo Dio, seduto di spalle, con le gambe incrociate nella posizione del loto e io riesco solo a pensare: "O porca buddana, per tutta la vita me la sono pure presa col Dio sbagliato!" Mi consolo pensando che ero solita imprecare dicendo "cazzo di Buddha!", quindi in teoria dovrei essere riuscita ad offenderlo più volte lo stesso.
Come se avesse percepito i miei pensieri, si gira appena a guardarmi e mi dice: "Se hai finito di farti i tuoi soliti film mentali, potresti pure venire qui a sederti. O forse preferisci rimanere in piedi, ora che puoi?"
Ecco, diciamo che con tutta la mia immaginazione, mai avrei pensato che il mio discorsetto con Dio sarebbe cominciato con Lui che mi sfotte.
Mi ha preso in contropiede... Fossi ancora sulla mia carrozzina a motore, non sarebbe mai successo. Sono bipede da meno di mezz'ora e già mi faccio prendere per il culo dal primo che incontro. Mi consolo pensando che "il primo" dopo tutto è Dio e si suppone che uno che ha fama di onniscienza possa pure fregarmi, almeno la prima volta... certo, la prima da morta, perché da viva mi ha rifilato una fregatura dopo l'altra!
Imbronciata mi avvicino e mi siedo alla Sua destra: non sono nemmeno il primo ladro a usurpare quel posto a gente più degna. Incrocio le gambe e mi fisso i piedi nudi. Toh… sono dritti! Si vede che sono proprio morta…
In realtà mi fisso le estremità per temporeggiare. Ogni tanto butto un occhio di lato e vedo che Dio non assomiglia per nulla a Buddha, ma è esattamente come me lo immaginavo. Alto… sì beh, non Altissimo, ma almeno un buon metro e ottanta. Sarà sulla sessantina, brizzolato, capelli e barba lunghi.
“Avessero fissato te  in questo modo, avresti già chiesto cosa cazzo c'è da guardare.”
Arrossisco. Merda! Sono appena morta e mi tocca già dare ragione a Dio!
“Scusa.”
“Ti perdono. Ancora.”
Eccolo lì il saccente! Lui fa quello che perdona! Che porge guance su guance, come se quello preso continuamente a cazzotti fosse Lui, mica io!
Finalmente avverto la Carogna che monta dentro e per la prima volta da che sono morta, mi sento me stessa.
Però non so da che parte cominciare.
“Vuoi che cominci io?” – Fa Lui.
"E piantala di leggermi dentro: non è educato!"
“Okay… dunque? Che volevi dirmi?”
“Cos’è, ‘Signor Eterno’, improvvisamente hai fretta?!”
“No, prego, fa pure con calma, ma intanto laggiù il tempo corre…”
Lancio uno sguardo sulla Terra. Vedo mio marito: si è già risposato. Meno male che non poteva vivere senza di me! Guardo meglio, e sta spingendo una sedia a rotelle: è sua figlia. Dieci anni ad usare pillola e preservativo insieme per non generare figli handicappati e lui finisce per sposare la prima bipede sana che passa e mettere al mondo comunque una progenie disabile! Ma mica è colpa sua… io lo so bene!
“Che Gran Figlio di…”
“Ehi ehi… a me dinne quante ne vuoi, ma non mi toccare la Madonna!”
“Tuuuuu! Tu sei… sei…” – Non so cosa sia Lui, ma io sono livida e non trovo un insulto abbastanza grande che riesca a uscire dalla gola strozzata.
“Eddai… da quando non apprezzi l’ironia?”
Sgrano gli occhi allibita. Inizio a urlarGli contro che non è divertente, non è assolutamente divert… e scoppio a ridere. Sì, un po’ devo ammettere che lo è, ma solo da quassù.
Ricade il silenzio.
“Senti D… no, non ce la faccio a chiamarti Dio… significherebbe ammettere troppe cose tutte insieme e non mi va’.”
“E come vorresti chiamarmi?”
“Ti può andar bene D?”
“Suppongo sia già un bel passo avanti rispetto al tuo solito ‘Quello là!’”
“Mica è colpa mia se laggiù non potevo fare chissà quanti ‘PASSI’ avanti!”
“Sì, sì… lo so… Sono ingiusto, stronzo, menefreghista, cattivo e se sei nata disabile è tutta colpa mia. Che poi tu abbia avuto una vita piena e felice, più di qualsiasi bipede, lì io non c’entro eh! Quello che va male è colpa mia, ciò che va bene merito vostro…”
“Sta a vedere che adesso la vittima sei tu…” – sbotto imbronciata.
Cala il silenzio. Ancora. 
Ho come l’impressione di aver sparato una cazzata e non so come uscirne.
“Comunque… sei proprio come ti immaginavo. Fisicamente dico.”
“Sono sempre come mi immaginate, ‘fisicamente’. Certo pensavo di averti creata più originale… Davvero?! Non sei riuscita a fare nulla di meglio che dipingermi come Michelangelo? Copiona…”
“Però indossi una maglietta con Einstein che fa la linguaccia! Quella mica c’era nella cappella Sistina!” – dico a mo’ di giustificazione.
“Non sei affatto brava ad improvvisare su due piedi.”
“Non ci sarò abituata…”
“Dobbiamo star qui a battibeccare in eterno o vuoi riferirmi quelle famose ‘quattro’ che continui a minacciare da che sei nata?”
“Non so da dove cominciare…”
“Ecco, facciamo che comincio io allora?”
“Uff…”
“Lo prendo per un sì. Ti racconto una storia…”

Tutto ebbe inizio quando creai Adamo ed Eva.

"Non ti sembra di prenderla un po' troppo alla lontana?"
"Zitta o giuro che quella lingua te la taglio, realizzando così le preghiere di molti laggiù!"
"In ritardo, come sempre..."
"Ehi!"
"Ok, ok... va avanti..."
 
Da subito mi feci prendere la mano dall’umanità. Era diventata una passione, spesso più nel senso di calvario che di hobby estremamente gradevole. Ci perdevo dietro secoli a crescere questa mia nuova creatura, come un buon padre: tante preoccupazioni, molti dolori, poche soddisfazioni... eppure non riesci mai ad abbandonare sti figli ingrati!
L’umanità era diventata un lavoro a tempo pieno e iniziai a trascurare i miei angeli. Inutile dire che erano incredibilmente invidiosi delle mie attenzioni così sprecate per una specie tanto ottusa. Gli angeli: le mie creature perfette, messe da parte per una variante della scimmia. E così, come sempre accade quando non ce la si può prendere col proprio Superiore, ecco che gli angeli iniziarono a litigare tra di loro, incolpandosi a vicenda per il mio disinteresse.
Fu la guerra e durò per millenni… ovvero giusto un attimo di distrazione per uno eterno come me. Quando me ne accorsi, c’era già stata un’ecatombe. Immagina una battaglia combattuta tra le pareti di un’immensa fabbrica di cuscini: una strage di piume e sangue.
Se pensi che fossi incazzato quando ho mandato il diluvio universale, avresti dovuto vedere la scenata che ho scatenato qui sopra, quando mi sono reso conto di quanto potessero cadere in basso delle creature cosi “alte”.
Ma poi, come al solito, mi pento sempre dei miei attacchi d’ira. Così, invece di sterminarli tutti come mi ero ripromesso, feci ciò che avrebbe fatto un Dante qualunque: applicai la legge del contrappasso. Li trasformai tutti in comuni mortali, spedendoli in blocco sulla Terra, non all’Inferno, anche se per loro non c’era differenza. Non feci distinzione tra le fazioni: per me non esistono il Male e il Bene, ma solo l’Amore o la sua assenza. E lì in mezzo, di Amore, non ce n’era rimasta neppure l’ombra.
Così ora tutti gli angeli sono sulla Terra, mescolati agli uomini comuni e dimentichi delle proprie origini. Beh… qualcuno, ogni tanto, si distingue in effetti. E a quel punto può tornare... ma finora nessuno ha scelto di farlo: pare che quando t’immergi nell’umanità, per quanto sia imperfetta, stupida e a volte crudele, non si riesca più a farne a meno…

“Ehi D, mi stai dicendo che tutti gli angeli stanno sulla Terra?”
“Prova a tendere le orecchie e non sentirai un solo batter d’ali.”
“Quindi te ne stai qui tutto solo?”
“Beh… io sto qui, ma anche laggiù… il vantaggio dell’onnipresenza.”
“E come si distingue un angelo da un umano?”
“La maggior parte delle volte, purtroppo, non si distingue. Ma ogni angelo può tornare ad essere se stesso quando avrà asciugato mille lacrime, accarezzato mille guance e tenuto la mano a mille persone in difficoltà.”
“Tutto questo è molto romantico… ma che c’entra con me?”
“Lo capirai tra ottocentotrentasei lacrime asciugate, seicentodieci carezze e quattrocentotre strette di mano…”
 
(...)
 
“Ehi… D…”
"Sì?"
“Mi stai prendendo per il culo?”
“Eh già…”

E, a questo punto, mi sono svegliata.

 

domenica 27 luglio 2014

Non c'è peggior cieco di chi non sa di esserlo

Ho incontrato persone incapaci di trattenere le lacrime, con le energie prosciugate dalla vita, che non sanno più combattere per nulla e si lasciano in un angolo, attendendo di morire.
Ne ho incontrate altre che non riescono più a ricordare come si piange, pronte a trasformare ogni tragedia in battuta di spirito, in eterna battaglia, ricolme di rabbia energetica, ma consapevoli sia di non poter vincere la guerra, sia di non riuscire ad arrendersi o concedersi una tregua, per quanto siano sfinite.

Conosco persone con l'anima colma di segreti tali da togliere il fiato, cui devi strappare parola dopo parola quel peso, affinché trovino il coraggio di fidarsi e condividere pensieri orribili.
Conosco altre persone che sono libri aperti, raccontano se stesse sin nel minimo, intimo, dettaglio, tenendosi dentro unicamente la consapevolezza che nessuna parola o frase ben costruita potrà comunque trovare vera comprensione negli altri.

Ho visto persone tenere la propria maschera ben stretta sulla faccia, temendo di andare in pezzi nel momento in cui avessero osato slacciarsela, mostrando il proprio vero volto.
Ne ho viste altre sfilarsi maschera dopo maschera, con naturalezza e senza timore, disperatamente pronte a strapparsi di dosso anche l'ultima - quella che si è annidata ormai sotto diversi strati di pelle, carne e sangue -, ma senza sapere più come fare.

Ci sono mali facili da riconoscere, non necessariamente da trattare, ma così evidenti che a tutti risulta chiara la necessità che occorra fare qualcosa.
E ce ne sono altri che nessuno sospetta e aggiungono al dolore comune a tutti gli uomini, una sconfinata landa di solitudine.

Chi vorrebbe cambiare e non sa come fare.
Chi non ha mai creduto che cambiare fosse semplicemente un'opzione.

Chi non ha la tempra.
Chi è stato forgiato nel fuoco e non riesce nemmeno a immaginare un mondo che non sia duro.

Chi non sa nuotare e urla e si dimena per chiede aiuto.
E il nuotatore provetto, che si lascia trascinare verso il fondo dalle gelide acque, senza emettere un suono.

Ogni forza nasconde un'indicibile debolezza.

E scrivo tutto ciò, affinché non commettiate i miei stessi errori e finiate col non vedere quante cose che vanno male si nascondono dietro quel “Tutto bene, grazie”.

mercoledì 16 luglio 2014

Assumerei una persona come te? Scoprilo con questo test.

Parte del mio lavoro è aiutare gli studenti ad affrontare i processi di selezione. Nonostante sia una grammarnazi, quando si tratta di lavoro, alla grammatica preferisco sempre la pratica. Così, per prepararli ad affrontare le selezioni del personale, li sottopongo alle stesse prove, in un contesto dove in gioco non c’è un lavoro vero, ma qualcosa di più: la possibilità di conoscersi non necessariamente per come si è, ma per come si appare dall’esterno. E già, perché gli psicologi, contrariamente a quello che pensa la gente, mica hanno la sfera di cristallo che ti leggono dentro. Come tutti, ci basiamo su indizi. Semmai siamo solo un po’ più bravi nel raccoglierli, ma mica sempre e mica tutti.
Le mie “selezioni di gruppo” cominciano sempre con un’attività volta a “rompere il ghiaccio”, ma a modo mio e dei russi: con un bel candelotto di dinamite. Siccome ci tengo a mettere la gente a proprio agio, dico loro che dovranno alzarsi in piedi davanti a tutti e rispondere a due domande, in tre minuti esatti: non un secondo di più, non uno in meno. Quindi, per far capire che non sto scherzando, tiro fuori il cronometro. Incredibile come bipedi convinti che reggersi sulle proprie gambe sia una gran cosa, cambino immediatamente idea se devono alzarsi in piedi e parlare in pubblico. Di fronte al tempo che scorre, invece, le reazioni sono due: c’è chi inizia a parlare a macchinetta e dopo tre minuti non ha risposto nemmeno alla prima domanda e chi, dopo meno di sessanta secondi, ha esaurito gli argomenti e rimane mutacico ad aspettare che trascorra il tempo residuo. Io non faccio sconti a nessuno: proprio come il Triste Mietitore, interrompo chi non ha ultimato la sua storia entro i minuti assegnati e osservo imperturbabile l’imbarazzato silenzio di chi non sfrutta quanto gli è concesso. 
Il modo in cui le persone percepiscono e trattano il tempo è affascinante: anche un microcosmo di tre minuti può rivelare qualcosa. La persona che ho davanti, “sente” il tempo scorrere dentro sé? Si comporta come se non bastasse mai, senza accorgersi che potrebbe pure essere sufficiente, se avesse un obiettivo chiaro e una strategia per raggiungerlo? Oppure va subito al sodo e, se “avanza qualcosa”, si ferma, incapace di riempire il tempo con nuovi scopi o perfezionando il lavoro fatto sino a quel momento? La gestione del tempo: la competenza più importante, mica solo per le aziende.
Le due domande che pongo sempre sono invece: 1) Se fossi un mago, cosa vorrei inventare e perché?; 2) Se fossi un personaggio famoso, chi vorrei essere e perché? 
E qui inizia l’appiattimento generale. 
Si credono tutti super intelligenti inventando teletrasporti, macchine del tempo, cure per tutte le malattie, replicatori di cibo per sconfiggere la fame nel mondo, invenzioni per far finire le guerre e diffondere l'amore. Insomma, la classica risposta che darebbe Miss Mondo per convincere il pubblico che ha un cuore sotto le tette. Avesse un cervello, forse si inventerebbe pure qualcosa di più originale. Il punto è che pure le risposte comuni, se ben motivate, possono andare bene. E qui nasce il vero problema: sembra che tutti desiderino le stesse cose, ma non sappiano nemmeno perché. Vogliono il teletrasporto per viaggiare lontano, quando non salgono nemmeno su un volo low cost per uscire dall'Italia. La macchina del tempo, per andare avanti e indietro a fare i voyeur o per vivere nella magica epoca di dame e cavalieri, morendo probabilmente di peste a vent'anni. Sognano congegni che costruiscano un mondo più giusto e migliore, poi posteggiano la macchina sul mio parcheggio disabili.
Ma son brava io a criticare stando dal mio lato della scrivania. Cosa risponderei io a queste due domande?
Se fossi un mago, cosa inventerei? 
Ecco, a me 3 minuti non basterebbero, ma perché ci sono troppe cose che vorrei fare, se fossi onnipotente. Per esempio, vorrei inventare una macchina che insinui o tolga il dubbio nella mente delle persone. Vorrei far sorgere degli interrogativi in chi ha troppe certezze, perché dubitare vuol dire continuare a cercare, approfondire, imparare, crescere. Vorrei che i credenti si svegliassero dall’arrogante convinzione che esista una giustizia divina, così magari si concentrerebbero di più su quella terrena. Nessun Dio da pregare affinché risolva i loro casini, nessuna vita migliore dopo quella che stanno sprecando ora. Vorrei però anche che gli atei non si sentissero superiori solo perché sono in grado di raggiungere conclusioni logiche che evidentemente sfuggono ai credenti. Vorrei si soffermassero su quanto d’inspiegabile accade nelle loro vite e non lo liquidassero sempre e solo come “caso”, “coincidenza”, “eccezione statistica”. Per quanto sia una fanatica dell’Uomo, trovo deprimente accettare di essere nati per caso, anziché voluti da una divina Testa di cazzo con un’insondabile e contorto piano in mente.
I dubbi dunque servono, ma troppi bloccano. Quindi vorrei che il mio congegno fosse anche in grado di toglierli. Ogni giorno vedo persone che non sanno scegliere, come se ogni scelta, grande o piccola, indicasse sempre la possibilità di un’alternativa che porta al successo e di un’altra dove si rovina tutto. Abbiamo sempre l’impressione che una via giusta esista, ma raramente sappiamo quale è. Puntare sul rosso o sul nero? La vita ci obbliga continuamente a prendere decisioni sulla base di dati incompleti. Per quanto uno si sforzi, le variabili sono innumerevoli e per buona parte incontrollabili. E allora vorrei poter aiutare le persone a cancellare dalla mente l’alternativa scartata una volta compiuta la propria scelta, affinché non debbano continuare a lambiccarsi sui “se” e sui “ma”. Perché la verità è che, Las Vegas a parte, non esiste una puntata in cui vinci tutto o perdi tutto. La vita obbliga continuamente a scegliere e anche non scegliere è in fondo una scelta: quella di restare immobili e non tentare. L’unico modo per non rischiare di sbagliare nelle proprie scelte, è morire. Una volta morti, peraltro, il congegno per mettere e togliere i dubbi, diventa superfluo.
E se potessi essere chiunque, chi sceglierei di essere? Tanto fighi si sentono gli studenti che a questa domanda mi rispondono “Nessun altro: vorrei essere sempre e comunque me stesso.” 
Io non vorrei essere sempre e comunque me stessa: davanti a una scala, vorrei camminare, di fronte a un’ingiustizia, vorrei essere un giudice, quasi ogni giorno vorrei essere semplicemente qualcuno che abbia il potere e la volontà di cambiare il mondo, possibilmente in meglio. Quindi, la risposta giusta forse, non è scegliere di essere se stessi e nemmeno una sola persona, per quanto ricca, grande o geniale. Essere qualcuno significa sempre non essere qualcun altro. Ora che ci penso, so chi vorrei essere per poter soddisfare tutte le mie aspirazioni: Dio. Che è come dire che sarei contenta di me stessa solo interpretando Qualcuno in cui non crede metà della razza umana, mentre l’altra metà ha idee tutte sue su come sono fatta e su quale sia la mia volontà. Forse, dopotutto, meglio essere me stessa… E ciò significa che devo rivedere i miei giudizi sugli studenti che mi hanno sciorinato questa risposta in aula.
E tu, se fossi un mago, cosa inventeresti?
Se fossi un personaggio famoso, chi vorresti essere?
Hai tre minuti di tempo per rispondere.

Nota: durate una selezione del personale, non esistono risposte giuste o sbagliate, ma ti consiglio di evitare: "Vorrei essere Dio" alla seconda domanda, sempre che tu non sia in grado di argomentarla davvero divinamente.

giovedì 3 luglio 2014

Non sei intelligente: ora ti spiego perchè

Tutti ci crediamo più intelligenti degli altri ma, credi a me, tu non lo sei. E ora ti spiego perché, per punti, così magari ci arrivi eh...

1)     Come tutti, sai che devi morire, il problema è che non te lo ricordi ogni giorno. La Morte saltuariamente fa capolino nella tua vita: sterzi all’ultimo momento, evitando di finire smarmellato sotto un TIR; un tuo conoscente ha appena avuto un infarto… cacchio,  hai notato che ha la tua stessa età?; i valori del tuo colesterolo puntano alle stelle e quella è l’unica parte di te che almeno punta ancora in alto. Tutto questo è la Morte, che tossicchia discretamente alle tue spalle. Non che voglia metterti paura: semplicemente sta lì per ricordarti che hai una scadenza precisa e che non hai ancora concluso un cazzo. Hai grandi sogni e aspetti che qualcuno te li realizzi. Sai camminare e non ti azzardi a muovere un passo. Il tuo problema è che ti manca il primo requisito fondamentale dell’intelligenza: il time management. Che in italiano poi sarebbe: stai sprecando il tuo tempo.

2)     Come tutti, hai paura. Per la precisione, hai paura di un sacco di cose: di non superare l’esame, di fare brutta figura, che lei/lui ti dica di no, che la gente pensi male, che non serva a nulla, di perdere anche il poco che hai… La paura è lecita fino a un certo punto sai? Ci fa rivalutare quel che abbiamo e quello che potremmo perdere e ciò significa che, se quello che dici e scrivi su Facebook è vero e non hai un cazzo, allora non hai nemmeno nulla da perdere. Ma anche se tutto sommato sei già felice così, stai dando il giusto peso alle tue paure? Se non superi l’esame, il mondo finirà davvero o potrai sostenerlo un’altra volta, seppur sia scocciante la cosa? Se ti devono dire di no, non è meglio saperlo subito, soffrire, metabolizzare e ricominciare? La gente non è capace di pensare, un eventuale pensiero su di te, seppur malevolo, almeno dimostrerebbe che esiste ancora un barlume di attività cerebrale, no? E mettiamo pure il caso che alla fine non serva a nulla, non mi pare che non fare niente sia mai servito a qualcosa. Della paura non te ne libererai mai: ha una funzione biologica, che è quella di metterti sull’attenti, raccogliere le energie e decidere se attaccare o fuggire. Il problema è che la paura non passa se stai fermo, semmai aumenta. Sali su quel maledetto aereo: hai una probabilità su due milioni che cada, contro il novantanove-virgola-nove percento di possibilità che, non prendendolo, ti perderai un’esperienza emozionante e degna di essere vissuta, fosse pure precipitare. Ed ecco il secondo problema, per essere davvero intelligente, devi essere capace di risk management. Che in italiano significa: impara a valutare le tue paure in termini di probabilità, costi e benefici e assumiti qualche rischio ben calcolato.

3)     Come tutti, sei bravissimo a lamentarti di quello che non va e, come tutti, ti limiti al massimo a digitare la tua frustrazione su una tastiera. Visto che sei tanto bravo a scrivere, magari allora scrivi a un giornale, o al Sindaco o al Responsabile di Quellochevuoi. Pensi che tanto non serva a nulla? Rileggi il punto 2). Che tra l’altro - scusa se te lo faccio sempre notare - nemmeno scriverlo su Facebook serve, ma lo fai comunque. Non ti va di perdere tempo e però ne perdi un casino lo stesso. Ma siam sempre lì: alla fine non fai le cose perché hai paura di sbagliare, di fallire o di essere semplicemente ignorato. Chi non fa, non sbaglia, si dice. Il problema è che, se anche nella vita non sbaglierai mai nulla, morirai comunque, senza un cazzo che valga la pena raccontare nel mentre. E questo è il terzo problema della tua intelligenza, collegato ai primi due: non sei proattivo. Che tradotto in “papalese” significa: "Penso che il mondo così come è non vada, ma a provare a fare qualcosa di concreto non ci penso nemmeno."

4)     Come tutti, hai dei sogni... Chiamiamoli sogni, perché per trasformare un sogno in un obiettivo ci vuole un piano e tu quello proprio non ce l’hai. Aspetti che qualcosa accada da sola, che ti caschi in testa piovuta dall’alto come per magia. Non importa che tu in fondo in questi sogni ci creda con tutto te stesso o non ci creda più affatto: non è l’intensità del tuo desiderio che li realizzerà. Ma semmai il progettare un piano. Ed ecco che per essere intelligente, ti manca un’altra cosa: la pianificazione a breve, medio e lungo termine.

5)     Sarò onesta: nella vita ho pianificato attentamente diversi obbiettivi e ne ho raggiunti pochissimi. Avere tutti i requisiti d’intelligenza di cui sopra, non significa sempre riuscire, perché io sarò pure perfetta, ma il mondo non lo è. Però il mondo è anche ironico con tutti. Anche sulla tua strada piazza continuamente delle opportunità, solo che non le vedi, perché non sono quelle che cerchi.  Ogni giorno porto con me in borsa una copia del mio libro. Lo faccio per ricordarmi che nella vita mi sono sempre data degli obiettivi, ma ho ottenuto soddisfazioni soprattutto deviando dal percorso, per cogliere un'opportunità non programmata. E magari tu mi odi, perché mi hanno pubblicato un libro senza che l'avessi spedito per proporlo a qualche casa editrice, senza dover aspettare mesi col fiato sospeso, quando spesso non si degnano nemmeno di rispondere. Tu invece, che sogni da sempre di essere uno scrittore e lo meriti più di me, ancora aspetti. Che dire? Guardati bene intorno: forse il mondo ha in serbo per te proprio l’opportunità che io sto pianificando da una vita, finora senza troppi progressi. La vita è ironica: ci spinge a cercare cose che magari non raggiungeremo mai e poi ci dona momenti splendidi, mettendoci sul piatto una pietanza che non stavamo cercando di cucinare. Buona però! Non ti piace? Ma hai almeno provato ad assaggiarla? Se la risposta è no, ti manca anche il quinto requisito dell’intelligenza: la flessibilità.

Okay. Ora hai scoperto di non essere il genio che credevi, ma stai tranquillo: nemmeno io lo sono sempre. Il più delle volte mi comporto esattamente come te: dimentico di avere poco tempo, lo sperpero senza nemmeno divertirmi, rinuncio senza provare, sogno senza programmare, mi lamento, mi lamento, mi lamento… E sono così delusa dalla vita da non vedere cosa mi offre, solo perché i miei occhi sono puntati su altro.

Ma non oggi. Io oggi sto facendo qualcosa per provare a cambiare un paio di virgole: questo basta per rendermi più intelligente di te, nonostante il fatto che l'intelligenza si misuri su una scala.

Ieri la Morte ha tossicchiato alle mie spalle, non troppo discretamente devo dire (Nota per il Triste Mietitore: dovresti fare qualcosa per quella brutta tosse!). Così oggi ho firmato una lettera per un Prefetto, affinché mi venga tolta una multa per l’ingresso in zona ZTL a Mestre, affibbiatami nonostante avessi comunicato i dati del veicolo. Ieri volevo pagare: vi assicuro, farei prima e, paradossalmente, finirei col risparmiare, tempo innanzi tutto, ovvero la valuta così importante da non prevedere tassi di cambio. La polizia municipale (gentilissimi, ma tant’è) spiega che il fax entro 48 ore vale solo per i residenti e per le emergenze sanitarie… non come nel resto d’Italia. La Legge invece dice che un’auto può entrare in ZTL se a bordo ci sta l’handicappata, pure se è lombarda. Faccio ricorso. E, tempo sprecato per tempo sprecato, insieme a Lucia - che quel dì mi offrì un passaggio, beccandosi la multa per il favore -, scriverò ai giornali locali, perché Venezia si vanta di fare tanto per l’accessibilità, invita persino i disabili a parlare di abbattimento di barriere architettoniche e mentali (salvo poi multarli per l'ingresso in aree dove hanno diritto di entrare), ma io dopo un solo giorno a Venezia ho giurato di non metterci più ruota. Una città che pensa che un ponte con le scale sia un’opera d’ingegneria “futuristica” denota innanzi tutto ignoranza: le scale, purtroppo, sono state inventate poco dopo la ruota e, esattamente da quel momento, sono iniziati i problemi di buona parte dell’umanità.
Incredibile quanti sassolini si accumulino nella scarpe di una che nemmeno cammina! Oggi ne tolgo un paio va'!
La rabbia è un dono, ma non di sola rabbia vive il disabile. Dopo la battaglia, stasera la mia pianificazione a breve termine prevede una birra all’Unibirra di Calcinate del Pesce: consideratevi invitati… anche se non era nei vostri programmi - a proposito, ne avevate? - la flessibilità premia. E in fine, per ricordarmi che un mondo migliore esiste e che quindi anche il mio può diventarlo, stasera prenoterò l’aereo per Londra, per settembre (pianificazione a medio termine). E se l’aereo cadrà (risk management), almeno potranno dire che la mia morte è avvenuta come la mia nascita: grazie a un’incredibile improbabilità statistica. In ogni caso, dalla vita, nessuno ne esce vivo.